GIOVANISSIMI 2005 ÉLITE. INTERVISTA AL MISTER FEDERICO FUSARI: «GRUPPO CHE HA CUORE E SA COMBATTERE»

GIOVANISSIMI 2005 ÉLITE. INTERVISTA AL MISTER FEDERICO FUSARI: «GRUPPO CHE HA CUORE E SA COMBATTERE»

Una partita da incorniciare davanti al pubblico di casa del San Luigi quella disputata nel fine settimana dai giovanissimi Under 15 élite guidati da Federico Fusari. Una presenza in panchina tra le più esperte, nonostante i 31 anni di età, che ha alle spalle una laurea magistrale in Scienze Motorie e la vittoria nel campionato giovanissimi con il gruppo del 2001. Quest’anno, per il mister nerobianco, è arrivato il momento di una nuova sfida con una squadra che dovrà affrontare le migliori formazioni lombarde. E proprio contro una delle compagini più agguerrite che orbita nella galassia Milan, il Cimiano, Federico e i suoi ragazzi hanno colto un risultato che dopo il primo tempo, in cui erano in svantaggio di due gol, sembrava impossibile. Invece, grazie a due reti di Saba e ad una di Tenca, i nerobianchi hanno ribaltato il match vincendo per 3 a 2. Ma ecco che cosa ci ha raccontato Fusari della sua esperienza da allenatore nerobianco.

 

Una bella impresa. Come ci siete riusciti?

«Sulla carta erano più forti di noi. Ma abbiamo dimostrato grande personalità in un momento in cui tutto sembrava perduto. Faccio i complimenti ai ragazzi. A tutti, nessuno escluso. È stata un’impresa corale. Hanno lottato fino all’ultimo secondo. È il segno che aspettavo dopo le prime tre partite in cui non siamo riusciti ad esprimere la nostra qualità. Il campionato è molto impegnativo e non ci saranno mai match tranquilli. Ogni volta dovremo scendere in campo e dare il massimo. Ma sono fiducioso. Il gruppo è serio, lavora sodo, e ognuno vuole fare la sua parte».

 

Scendiamo nel dettaglio.

«Abbiamo interpretato molto bene la partita anche se all’inizio abbiamo faticato. Siamo andati sotto. Ma nel secondo tempo siamo entrati in campo con la giusta determinazione. Il terreno del San Luigi ci ha aiutato. Lo conosciamo alla perfezione. È un sintetico che esalta un certo tipo di gioco. Veloce ma preciso. Ci abbiamo creduto fino alla fine e siamo riusciti a rimontare e ad ottenere il vantaggio».

 

Quale è stato il grande merito dei ragazzi?

«Non smettere mai di giocare a calcio. Li ho visti mettere la palla a terra in ogni situazione, cercare l’azione, costruire la trama per arrivare nell’area avversaria. È la caratteristica migliore di questa squadra. Abbinare il tentativo di un gioco maturo all’efficacia».

 

E adesso quali sono i vostri obbiettivi?

«Trasformare l’entusiasmo della vittoria in un elemento positivo da proiettare sulla lunga distanza. La società ha chiesto il mantenimento della categoria. Questa è la meta. Già domenica ci aspetta un’altra sfida tosta contro il Mapello. Certo, battere una formazione di livello come il Cimiano è stata una iniezione di autostima. Ma sappiamo che per garantire la continuità dobbiamo credere in noi stessi e lavorare con determinazione. È quello che farò con i ragazzi in settimana».

 

Come si trova al Crema?

«È una società seria e strutturata in cui è possibile lavorare bene. Ringrazio il presidente Enrico Zucchi e il direttore generale Giulio Rossi per l’opportunità che mi hanno dato. Il responsabile del settore giovanile, Andrea Baretti, è una persona esperta e competente, che ama il calcio e crede nello sport come scuola di vita per i giovani. Al Crema ho trovato un ambiente dove si possono costruire cose molto positive. Lo dimostra lo staff sul quale posso fare affidamento: Fabio Caio, Stefano Mariniello, Paolo Quaini e il dirigente Roberto Dedè. Tutte figure dotate di grande professionalità che vivono questo percorso con dedizione e cura per il dettaglio».

 

Quali sono le finalità che persegue con il suo lavoro?

«La priorità per i ragazzi è il divertimento. È un aspetto che deve rimanere anche se quando iniziano le categorie agonistiche, e quindi dai giovanissimi, gli obbiettivi da raggiungere si fanno più impegnativi. Il Crema cerca di sviluppare un settore giovanile che possa fornire atleti alla prima squadra che milita in una categoria competitiva come la Serie D. Noi lavoriamo in questa prospettiva. Un ragazzo deve arrivare alla Juniores avendo imparato i principi di tattica e di tecnica che gli consentano di sviluppare tutte le sue potenzialità. Ma accanto a questo percorso è necessario trasmettere i valori per dare spessore al carattere che, in campo come nella vita, fa la differenza».

 

Allena un gruppo di ragazzi di 15 anni. Quale è il significato umano di questa esperienza?

«Sento una grande responsabilità. Prima che allenatore devi essere un punto di riferimento dal punto di vista comportamentale. È una fase molto delicata nella vita dei ragazzi. Un momento di transizione. Danno tutto ma non fanno sconti. Ti seguono ma chiedono coerenza, lealtà e correttezza. Devi esserci al cento per cento sul piano umano e sportivo. Io ci provo. È il modo in cui cerco di relazionarmi con loro. Per me è impossibile essere un bravo mister se prima non tenti di essere una brava persona».

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