SETTORE GIOVANILE – IL NUOVO RESPONSABILE CARLO PIRAINO: «DAI NOSTRI RAGAZZI MI ASPETTO IMPEGNO E FORZA MORALE»
È il nuovo responsabile del settore giovanile e di esperienza, Carlo Piraino, ne ha da vendere. Dopo essere stato un giocatore di Serie D dal 1985 ha imboccato la strada della conduzione tecnica che l’ha portato alla guida di panchine importanti in Serie C oltre a maturare un curriculum eccezionale nel settore del calcio giovanile. Inquadrato presso la Figc come allenatore Uefa B è stato osservatore dell’Hellas Verona, collaboratore e istruttore Assocalciatori, rilevatore tecnico della Figc, promotore didattico del Pavia Calcio, responsabile area tecnica Allegri Tattics e istruttore del Milan Calcio. In passato ha diretto e coordinato le formazioni giovanili di società blasonate come il Darfo, la Grumellese, l’Ospitaletto, il Fanfulla e il Pergocrema.
Si parte con una nuova avventura.
«Ho raggiunto il traguardo dei 60 anni. Posso dire di averli dedicati in buona parte al calcio. E nello specifico al calcio giovanile che rappresenta la mia grande passione. Farlo qui al Crema, con un settore giovanile di evidente qualità, costituisce lo stimolo di cui ho bisogno per dare il meglio e progredire ancora».
Qual è la principale differenza tra il calcio dei grandi e quello dei giovani?
«Quando alleni una squadra di giocatori con esperienza, già formati, puoi solo adattare il tuo modulo di gioco alle caratteristiche del gruppo. È una sfida avvincente ma nulla di paragonabile alle emozioni che regala il lavoro sul campo con i ragazzi e i bambini. Qui intervieni all’origine e non in un secondo momento. Puoi davvero fare la differenza insegnando tutto quello che sai. I ragazzi apprendono in fretta. Costruire un percorso comune, vederli crescere e acquisire le prerogative tecniche e morali del calcio moderno è davvero una grande soddisfazione».
Che cosa intende per prerogative tecniche e morali?
«Chi vuole fare un percorso serio nel mondo del calcio deve imparare ad essere un atleta, e nello specifico un atleta capace di ottenere la massima confidenza con l’attrezzo della palla, ma al tempo stesso deve possedere forza morale. Senza la forza di volontà, la predisposizione a sostenere sacrifici e il senso di responsabilità anche il talento più cristallino rischia di rimanere inespresso. Chi invece ha queste caratteristiche può essere svantaggiato sul piano del talento ma raggiungerà risultati più importanti. L’ho visto accadere ripetutamente. È una legge del calcio e della vita. Ai fini della realizzazione del percorso reputo fondamentale la collaborazione tra la società e i genitori dei ragazzi. Dialogo, rispetto, serenità e fiducia sono elementi cruciali per costruire il contesto più idoneo per la crescita personale. Anche la scuola può fornire un contributo efficace. I ragazzi devono studiare con profitto, dimostrare impegno e ottenere buoni voti. La serietà di un ragazzo si manifesta dentro e fuori dal campo».
Quale è la tipologia di gioco che apprezza maggiormente?
«Un giovane calciatore deve possedere un ottimo bagaglio tecnico, tattico e fisico. Direi che la scuola calcistica italiana ha ancora molto da insegnare. Siamo dei contropiedisti nati. È una tradizione nella quale mi riconosco anche se la disciplina ha conosciuto una notevole evoluzione e un allenatore, a maggior ragione se coordina il settore giovanile, deve dimostrare di avere confidenza con tutte le opportunità disponibili».
Che impressione le ha fatto l’ambiente nerobianco?
«Faccio i complimenti alla società che in questi anni, grazie al lavoro e alla passione del presidente Zucchi, ha costruito un settore giovanile davvero competitivo con squadre per ogni annata che si cimentano nei campionati più elevati e una scuola calcio élite che rappresenta una novità importante per tutto il territorio provinciale. A ciò si aggiunge, inoltre, la sensibilità per la valenza sociale e inclusiva della disciplina con il progetto femminile e del calcio non vedenti. Stimo molto il direttore generale Andrea Baretti che conosco da tempo e del quale conosco le capacità a livello operativo e organizzativo. L’obbiettivo è portare i giovani calciatori nell’orbita della prima squadra, farli esordire in Serie D, diventare un punto di riferimento per il calcio provinciale e lombardo. Sono risultati importanti, difficili e ambiziosi che mi sento di condividere e che per essere raggiunti richiedono una duratura e profonda cooperazione tra la società, i mister, i dirigenti, i ragazzi e le loro famiglie».